Danno del dipendente: è necessaria la contestazione disciplinare per la richiesta di risarcimento del datore di lavoro?

Corte di Cassazione – Sezione Lavoro – Ordinanza n. 27940 del 04.10.2023

Nell’ambito del rapporto di lavoro, il danno provocato dal lavoratore dipendente nell’assolvimento delle proprie mansioni deve essere risarcito in favore del datore di lavoro a prescindere dall’esistenza o meno della contestazione disciplinare dell’infrazione commessa, trattandosi di due profili differenti e autonomi che, come tali, non richiedono la necessaria coesistenza.

La Corte di Cassazione ha dunque ribadito la completa autonomia e indipendenza tra il profilo civilistico attinente alla richiesta di risarcimento del danno e quello disciplinare scaturente appunto dall’avvio della relativa procedura di contestazione descritta dall’art. 7 della L. n. 300 del 20 maggio 1970, respingendo il ricorso proposto dal lavoratore soccombente in appello e confermando quindi la condanna al risarcimento del danno in favore della banca datrice di lavoro per quasi 120.000,00 euro.

L’azione di risarcimento, pertanto, ha avuto successo nonostante la negligenza commessa dal direttore di filiale non fosse stata affatto contestata in sede disciplinare, motivo questo naturalmente addotto da parte lavoratrice a riprova dell’asserita rinuncia o, meglio, insussistenza della pretesa risarcitoria in quanto fondata sui medesimi fatti, ma ritenuto irrilevante dai Giudici Ermellini.

Al contrario, invece, questi ultimi hanno attentamente osservato come le due azioni, disciplinare e risarcitoria, siano poste a tutela di due differenti interessi del datore di lavoro e, rispettivamente, quello relativo alla sanzione disciplinare dell’inadempimento contrattuale e quello volto invece «al ripristino della situazione patrimoniale evidentemente lesa», come tali autonomamente esercitabili e indipendenti nei destini e negli effetti.

Nella valutazione dei motivi di ricorso, inoltre, la Corte ha altresì tenuto in debito conto la posizione apicale rivestita dal lavoratore nel caso di specie, tale quasi da configurarsi quale “alter ego” del datore di lavoro, e dunque la relativa maggiore responsabilità, anche in termini di culpa in vigilando, che ne deriva per chiunque la assuma (Cass. n. 394/2009; Cass. n. 8702/2000; Cass. n. 2097/18).

Si può quindi, in definitiva, affermare che, a fronte di un danno provocato dal proprio lavoratore dipendente, il datore di lavoro non sia tenuto alla previa tempestiva contestazione disciplinare dell’illecito, ben potendo agire direttamente per il risarcimento del danno, in coerenza con la giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione, da ultimo confermata dalla recente Ordinanza in commento.