Danno da trasfusione di sangue infetto: da quando decorre il termine per la prescrizione?

Tribunale di Milano – Sezione Decima – Sentenza n. 7180 del 16.09.2022

Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno di chi assume di aver contratto per contagio una malattia per fatto doloso o colposo di un terzo decorre, a norma degli artt. 2935 e 2947, comma 1, c.c, non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione che produce il danno altrui o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, ma dal momento in cui viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento doloso o colposo di un terzo, usando l’ordinaria oggettiva diligenza e tenuto conto della diffusione delle conoscenze scientifiche.

Il Tribunale di Milano, a fronte di una problematica sanitaria ormai, purtroppo, sempre più ricorrente, ribadisce il fondamentale principio secondo il quale il dies a quo del termine prescrizionale per l’azione di risarcimento del danno da trasfusione di sangue infetto decorre unicamente dal momento in cui la malattia e la sua causa vengono percepita o possono essere percepite, quale danno ingiusto conseguente al comportamento doloso o colposo di un terzo, usando l’ordinaria oggettiva diligenza e tenuto conto della diffusione delle conoscenze scientifiche.

I Giudici milanesi, dunque, oltretutto nel solco di una giurisprudenza della Corte Suprema sul tema abbastanza consolidata, escludono qualsivoglia rilevanza in merito sia con riguardo al momento in cui il soggetto terzo materialmente abbia determinato la modificazione produttiva del danno, per intenderci quello della effettiva trasfusione di sangue infetto eseguita, che con riferimento al momento in cui la malattia infettiva si sia manifestata all’esterno.

Correttamente, infatti, il Tribunale lombardo precisa che il requisito imprescindibile della conoscenza o della conoscibilità del fatto illecito altrui consente di evitare che il termine prescrizionale decorra in tutte quelle ipotesi in cui la vittima, senza sua negligenza, si trovi ad ignorare la causa del suo stato psicofisico potendo, al massimo, formulare sul punto mere ipotesi, prive tuttavia di riscontri sufficientemente oggettivi anche ai fini dell’istruzione di una causa sul piano probatorio.

Si tratta, invero, di pronuncia assolutamente rispondente al dettato normativo ed alla logica giuridica che impongono che il soggetto danneggiato debba avere la piena consapevolezza del danno subito e delle cause che lo abbiano determinato, individuandone i soggetti responsabili, o quanto meno sia nelle condizioni oggettive di assumere coscienza di tanto, anche e soprattutto in relazione alle conoscenze tecniche e scientifiche del momento che, come è noto, in ambito di responsabilità medica hanno prioritaria valenza.