Sicurezza sul lavoro: quando è lecito derogare dalle distanze legali?

Tribunale di Rovigo – Sentenza n. 992 del 13.12.2022

In tema di rispetto delle distanze legali di cui al D. Lgs. n. 81 del 2008, la tutela della sicurezza sul lavoro prevale sempre poiché il bilanciamento degli interessi coinvolti si risolve a favore della tutela della stessa quale espressione dei più alti valori costituzionali.

Il Tribunale di Rovigo enuncia quindi un significativo principio di diritto a garanzia proprio dei valori, costituzionalmente rilevanti, della sicurezza sul lavoro in quanto posti dall’ordinamento a tutela della integrità fisica e psichica delle persone e dei lavoratori.

Nel caso in esame, infatti, nella valutazione rimessa al loro giudizio circa la conformità alle distanze legali di alcuni manufatti, nella specie una rete metallica collocata sulla parte tombinata vicinale ad un canale, i giudici veneti hanno giustamente riconosciuto la necessità di tale protezione in relazione a quelle esigenze di tutela imprescindibilmente prescritte dalla normativa generale in materia di sicurezza sul lavoro, sul presupposto che la stessa rete fosse apposta su terreni sui quali la parte, incriminata della presunta violazione, svolgesse attività economica.

In maniera, pertanto, certamente condivisibile il Tribunale ha fondato detto giudizio anche sul presupposto, tecnico, di ammissibilità della rete di protezione rispetto alle necessità di passaggio evidentemente manifestate dal soggetto consortile proprietario del canale vicinale non riscontrandone alcun pregiudizio, ma indipendentemente da tale accertamento, l’elemento giuridico e sostanziale di maggior rilievo è stato proprio individuato nel riconoscimento del primato assoluto della tutela della persona e dei lavoratori nella disamina degli interessi soggettivi contrastanti.

Ancora una volta, quindi, nella discriminante tra detto valore e quello, altrettanto rilevante sotto il profilo costituzionale, della difesa della proprietà, giustamente si è data prevalenza al primo, sul presupposto, quasi scontato e per certi versi anche superfluo, che il prezzo di una vita umana, a maggior ragione in un contesto particolare come quello lavorativo, non possa mai competere con quello di un bene materiale anche di natura pubblicistica.