Diffamazione a mezzo internet: quando ne risponde il provider?

Tribunale di Catanzaro – Sezione Seconda – Sentenza n. 1201 del 12.08.2022

In tema di diffamazione a mezzo internet va esclusa la responsabilità dell’hosting provider del servizio di informazione dei dati e della notizia offensivi dell’altrui reputazione c.d. “passivo”, se operante con una prestazione di servizi di carattere semplicemente tecnico e automatico senza alcuna capacità di controllo rispetto alle informazioni memorizzate e trasmesse da altri.

Il Tribunale di Catanzaro si occupa di una questione ormai da tempo dibattuta, quale quella afferente i limiti della responsabilità dell’hosting provider in tema di diffamazione, oltretutto aggravata ex art. 595 comma 3 c.p. perchè eseguita a mezzo internet.

La sentenza in commento, peraltro, non perde l’occasione per rinfrescare approfonditamente la sostanziale differenza che divide l’host provider “attivo” dell’host provider “passivo”, intendendosi per quest’ultimo quel soggetto che si limita ad offrire un servizio di natura meramente tecnica e automatica rispetto alle informazioni memorizzate e trasmesse da terzi, astenendosi tuttavia da qualsivoglia forma di controllo sulle medesime.

Per il Tribunale di Catanzaro, dunque, in caso di diffamazione a mezzo internet la responsabilità dei service providers, oltre ad essere disciplinata dalle richiamate normative speciali, ricade nella più ampia disciplina generale della responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c., secondo un criterio di imputazione della stessa responsabilità della colpa che viene ad essere dotato di un contenuto di specificità, e, ad un tempo, conformato e graduato a misura dell’attività professionale svolta dai detti prestatori dei servizi internet.

In conseguenza di tanto, dunque, per i Giudici calabresi va esclusa qualunque responsabilità per danno da diffamazione in caso di mancata manipolazione dei dati memorizzati da altri soggetti, dovendosi, al contrario, ritenersi sussistente solo quando esso provider abbia svolto una effettiva attività di filtro, selezione, indicizzazione, organizzazione, catalogazione, aggregazione, valutazione, uso, modifica, estrazione o promozione dei contenuti pubblicati dagli utenti e lo abbia fatto mediante una gestione imprenditoriale del servizio ovvero con l’adozione di una tecnica di valutazione comportamentale degli utenti finalizzata ad aumentarne la fidelizzazione.

In definitiva, quindi, ciò che assume rilievo ai fini della configurabilità della responsabilità dell’hosting provider è unicamente la circostanza, ovviamente da accertare in sede dibattimentale caso per caso, che l’attività compiuta sia di completamento ed arricchimento dei contenuti pubblicati e non di pura e semplice pubblicazione degli articoli in modo passivo.

Si tratta, invero, di pronuncia certamente condivisibile nelle riportate sue conclusioni sul punto, perché perfettamente rispondente ai principi generali di diritto in tema di responsabilità e di rispetto delle norme pattizie regolanti il rapporto tra le parti interessate, non potendosi evidentemente prescindere dalla valutazione del contratto sottostante circa la facoltà del provider di alterare o meno i contenuti editoriali ricevuti ovvero la possibilità di incidere attivamente sulla sostanza del flusso informativo e delle singole notizie fornitegli per la loro pubblicazione a mezzo internet.