Tribunale di Pescara – Sentenza n. 909 dell’11.04.2022
Il fatto che l’agente decida di trattare online per nascondere la propria identità, ovvero, come spesso accade, senza servirsi di tale espediente, per sfruttare l’impossibilità del soggetto acquirente di accertare l’effettiva disponibilità della res oggetto di contratto di presunta vendita a mezzo Facebook, integra la sola condotta di artifizi e raggiri di cui all’ art. 640 c.p., non potendo essere condivisa la posizione che concepisce la truffa on line come sempre aggravata dall’approfittamento della situazione di distanza materiale e fisica tra i contraenti tale da integrare l’aggravante della c.d. “minorata difesa”.
Con questa recente pronuncia il Tribunale di Pescara interviene efficacemente in una problematica ormai purtroppo frequente quale è, appunto, quella delle false vendite on line, enucleando il principio secondo il quale l’aggravante di cui all’art. 61 n. 5 c.p. non deve ritenersi automaticamente sussistente in queste fattispecie.
Come è noto, infatti, l’aggravante in questione trova applicazione quando l’agente abbia tratto vantaggio dalla situazione per le particolari condizioni di tempo, di luogo o di persona che lo abbiano facilitato nella commissione del reato, incidendo dunque sulla capacità difensiva della vittima in modo da intralciarne qualsiasi possibile reazione.
Secondo i Giudici abruzzesi, però, ai fini della sussistenza dell’aggravante della “minorata difesa”, la ricorrenza delle condizioni richiamate dal legislatore non può costituire presupposto sufficiente per la sua applicazione, dovendosi sempre verificare se le stesse abbiano assunto, nel caso specifico, un effettivo ostacolo per la vittima ed abbiano in concreto facilitato l’azione delittuosa dell’agente.
Si tratta di una lettura interpretativa della norma a nostro parere quanto mai corretta e perfettamente orientata al dettato normativo, poiché rimette unicamente alla prudente analisi del Giudice la sussistenza, rispetto ad una situazione tipo, di ulteriori elementi indicativi di una limitata capacità difensiva da parte della vittima tali da facilitare, e non dunque semplicemente realizzare, la truffa a proprio danno.
Pur nell’estremo e risaputo fastidio, infatti, che ipotesi di reato così invasive e mortificanti inevitabilmente generano a carico della vittima, la loro ormai frequente ripetitività paradossalmente amplifica la capacità, anche solo potenziale, dell’acquirente di valutare – alla stregua della media diligenza – come rischiosa ex se l’operazione, e dunque la possibilità per lo stesso di sottrarsi alle eventuali conseguenze negative, adottando magari tutti gli altri strumenti che sorreggono il consumatore nelle trattative on line, quale ad esempio il pagamento solo alla consegna del bene, ovvero quello che garantisca il rimborso in caso di inadempimento del contraente (c.d. pagamenti Paypal).
Secondo il Tribunale pescarese, infatti, il preventivo utilizzo di tali sistemi di difesa neutralizza il rischio per l’acquirente e rende irrilevante la circostanza che il venditore non sia poi rintracciabile, con la conseguenza che la loro mancata adozione finisce per palesare il sostanziale equilibrio contrattuale delle parti o, quantomeno, la volontà della persona offesa di accettare una trattativa in condizioni di parità, sì da escludere in radice la ricorrenza di una “minorata difesa”.