Pubblicazione a mezzo internet: quando la rievocazione di una notizia del passato supera il legittimo diritto di cronaca?

Tribunale di Civitavecchia – Sentenza n. 1184 del 20.10.2023

Quando una notizia del passato, a suo tempo diffusa nel legittimo esercizio del diritto di cronaca, venga ad essere nuovamente pubblicata a distanza di un lasso di tempo significativo, sulla base di una libera scelta editoriale, l’attività svolta dal giornalista riveste solo un carattere storiografico per cui il diritto dell’interessato al mantenimento dell’anonimato sulla sua identità personale è prevalente, a meno che non sussista un rinnovato interesse pubblico ai fatti ovvero il protagonista abbia ricoperto o ricopra una funzione che lo renda pubblicamente noto.

Con questa interessante pronuncia il Tribunale di Civitavecchia fornisce una significativa lettura del delicato problema dei rapporti tra il diritto di cronaca e quello c.d. all’oblio, entrambi rilevanti e costituzionalmente garantiti.

I Giudici laziali, infatti, nel dirimere una questione relativa ad una pubblicazione a mezzo internet di una notizia di reato dai contorni temporali remoti, hanno correttamente ritenuto che in questi casi non si eserciti il diritto di cronaca ma unicamente quello alla rievocazione storica di quei fatti.

Secondo il Tribunale, tuttavia, ciò non esclude a priori che in relazione all’evento del passato possano intervenire elementi nuovi tali per cui la notizia ritorni di attualità, per cui solo in questa ipotesi ritorna valido e legittimo l’esercizio del diritto di cronaca, dal momento che in assenza di questi elementi il tornare a diffondere una notizia del passato, anche se di sicura importanza in allora, costituisce esplicazione di un’attività storiografica che non può godere della stessa garanzia costituzionale prevista per il diritto di cronaca.

Ne consegue, quindi, che tale rievocazione, sempre che non riguardi personaggi che abbiano rivestito o rivestano tuttora un ruolo pubblico, ovvero fatti che per il loro stesso concreto svolgersi implichino il richiamo necessario ai nomi dei protagonisti, debba svolgersi sempre in forma anonima, perché nessuna particolare utilità può trarre chi fruisce di quell’informazione dalla circostanza che siano individuati in modo preciso coloro i quali tali atti hanno compiuto.

Comprensibilmente, dunque, il Tribunale precisa come, in definitiva, l’interesse alla conoscenza di un fatto, che costituisce manifestazione del diritto ad informare e ad essere informati e che rappresenta la spinta ideale che muove ogni ricostruzione storica, non implichi necessariamente la sussistenza di un analogo interesse alla conoscenza dell’identità della singola persona che quel fatto abbia compiuto, poiché l’identificazione personale, che rivestiva un sicuro interesse pubblico nel momento in cui il fatto avvenne, potrebbe divenire irrilevante, per i destinatari dell’informazione, una volta che il tempo sia trascorso e i fatti, anche se gravi, si siano sbiaditi nella memoria collettiva.