Contratto di locazione: i canoni derivanti da scritture private per simulazione possono essere richiesti dal locatore?

Tribunale di Pavia – Sezione Seconda – Sentenza n. 849 del 15.12.2021

In materia di locazioni ad uso abitativo, trova sempre applicazione il disposto di cui all’art. 13, comma 1, L. n. 431 del 1988, che stabilisce la nullità di ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato. 

Con questa recente e significativa sentenza, il Tribunale di Pavia risponde negativamente al quesito che ci poniamo e ribadisce il fondamentale principio di diritto secondo il quale, anche sulla base di un ormai pacifico orientamento della Corte Suprema, ogni eventuale pattuizione intervenuta tra le parti in sede di contratto di locazione di immobile ad uso abitativo al fine di simulare una maggiorazione del canone rispetto a quello indicato nell’atto regolarmente sottoscritto e registrato deve ritenersi nulla e giuridicamente inefficace.

I Giudici lombardi, pertanto, giungono a stigmatizzare fermamente il comportamento processuale di parte locatrice qualora, agendo in via ordinaria per il pagamento dei canoni di locazione ed oneri condominiali impagati, pretenda giudizialmente anche queste ulteriori somme scaturenti da un patto di maggiorazione del canone e richiamano in applicazione la conforme posizione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Sent. n. 18213/2015 e, conforme, sent. Cass. Civ. Sez. Terza n. 8465/2019), che opportunamente hanno precisato come in questi casi rimanga comunque valido il contratto registrato e dovuto il solo canone apparente.

Si tratta, in effetti, di pronuncia perfettamente corrispondente al citato dettato normativo speciale, come è noto mirante a punire la pratica, purtroppo ancora molto frequente, dei locatori di pretendere un canone locatizio maggiorato sottoponendo però a tassazione fiscale una somma decisamente minore, per cui desta quanto meno meraviglia il fatto che nel caso specifico si sia dato comunque corso ad una richiesta giudiziale così palesemente inammissibile ed irrituale.