Accademia Militare di Modena: il ritiro da una sessione di esame non equivale al rifiuto a sostenere lo stesso e non può determinare l’espulsione dal corso militare

T.A.R. Lazio Roma – Sezione Prima bis – sentenza n. 8679 del 21.07.2021

L’art. 599 del D.P.R. 15 marzo 2010 n. 90 (Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare a norma dell’art. 14 della Legge 28.11.2005 n. 246), rubricato “Espulsione dai corsi”, prevede, al comma 1, che “i frequentatori, salvo quanto stabilito dall’articolo 615, sono espulsi dai corsi nei seguenti casi: h) rifiuto di sostenere un esame senza giustificato motivo“. Tale norma, però, anche alla luce della gravità delle conseguenze dell’applicazione della disposizione in esame e del carattere sanzionatorio della previsione che sostanzialmente si traduce nella conseguenza pesantissima della preclusione di una carriera militare come ufficiale, deve essere intesa in senso tassativo, senza estendere la stessa a casi in essa non espressamente considerati.

Con questa particolare sentenza i Giudici amministrativi laziali sembrano rendere veramente giustizia in ordine ad una vicenda che assume dei contorni singolari e paradossali sotto il profilo giuridico e sostanziale poiché giustamente essi, a conclusione di un procedimento amministrativo e giudiziale di puntuale accertamento dei fatti di causa, attestano come, nel caso specifico, la condotta del cadetto concretatasi nel semplice ritiro da una prova di esame, oltretutto conseguente ad una libera e del tutto legittima considerazione della propria impreparazione a sostenerla in quella data, non possa mai concretarsi in quel rifiuto a sostenere lo stesso esame senza giustificato motivo che, se sussistente, avrebbe potuto condurre alla sua espulsione dal Corso accademico militare. Il TAR inoltre, in maniera quanto mai rispondente non solo ai principi di fondo della Legge speciale regolante l’ordinamento militare ma anche e soprattutto a quello di proporzionalità che l’intero nostro sistema giuridico pone a base di qualsivoglia provvedimento sanzionatorio, oltre a stigmatizzare l’errata interpretazione normativa addotta nel caso in commento dagli  Organi disciplinari militari, sottolinea la rilevanza della prestigiosa carriera intrapresa dal cadetto rispetto ai fatti denunciati, non ascrivibili in alcun modo, anche sotto il profilo fattuale ricostruito in sede giudiziale, a gravi comportamenti imputabili allo stesso. Ancora una volta, dunque, il criterio basilare della proporzionalità della sanzione rispetto alla condotta trova una sua corretta applicazione, oltretutto in un contesto, come quello militare, in cui il rispetto degli ordini e delle norme è il fondamento della vita stessa dei suoi protagonisti.