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Vendita ingannevole di diamanti: quando è responsabile la Banca che la propone?

Tribunale di Verona – Sezione Terza - sentenza del 05.09.2025


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Sussiste la responsabilità, contrattuale, della banca per la vendita ingannevole di diamanti anche qualora la stessa non sia il diretto offerente di detti beni ma abbia solo concluso con un soggetto terzo una convenzione per la segnalazione, peraltro con commissioni particolarmente elevate per ogni acquisto concluso, dovendosi ritenere in questi casi che essa abbia svolto, anche per la fiducia che la clientela le riconosce, un ruolo determinante nella commercializzazione in parola, diffondendo informazioni decettive ed agevolando la conclusione dei contratti di acquisto pregiudizievoli per i clienti.


Il Tribunale, dunque, sottolinea come la scelta di avvalersi di banche nella vendita dei diamanti sia generalmente dettata, a fronte di elevate commissioni, non solo dalla capillare presenza delle loro filiali sul territorio e dalla loro capacità di selezionare la clientela interessata, ma anche e soprattutto dalla fiducia riposta dalla clientela nella professionalità della propria banca di riferimento, tale da rassicurare i possibili acquirenti in ordine alla serietà dell'investimento prospettato, per cui tali elementi sono sufficienti a fondare la responsabilità della banca per la violazione degli obblighi informativi e protettivi nei confronti dei propri clienti nascenti da un contatto sociale qualificato.


Secondo i Giudici veronesi, infatti, all'affidamento che l'investitore ripone nella propria banca si ricollega sempre un corrispondente e proporzionale obbligo di protezione che grava in capo all'istituto di credito per il solo fatto di prestarsi a "segnalare" tale tipologia di investimento alla propria clientela, con conseguente possibile profilo di responsabilità con riferimento alle condotte anche non strettamente ricollegabili all'esercizio del credito in senso proprio, ma che comunque si ricollegano all'attività imprenditoriale svolta, come appunto "segnalare" nei propri locali forme di investimento alternative proposte da altri operatori.


In tal caso la responsabilità della banca è di tipo contrattuale perché conseguente al rapporto già in essere con il cliente e discende dalla violazione dell'obbligo di buona fede e protezione nei confronti di questo che si fonda sulla fiducia che egli ripone nel proprio istituto nonché nei doveri di informazione e comunicazione che essa assume quale mediatore qualificato ex art. 1759 c.c., a nulla rilevando la circostanza che la possibilità di investimento sia stata meramente segnalata.

 
 
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