Obbligo di repéchage: è sempre applicabile per il datore di lavoro?
- studiolegalesodo
- 7 lug
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Tribunale di Como - Sezione Seconda - Sentenza n. 68 del 17.04.2025

Nell'ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, nella cui nozione rientra anche l'ipotesi di riassetti organizzativi attuati per la più economica gestione dell'azienda, grava sull'imprenditore l'onere di provare sia l'effettività delle ragioni poste a fondamento del licenziamento, che l'impossibilità di ricollocare diversamente il dipendente licenziato nell'ambito dell'organizzazione aziendale e, dunque, di rispettare il c.d. obbligo di repéchage posto a suo carico.
Il Tribunale di Como, quindi, rileva come la legittimità del licenziamento per giustificati motivi oggettivi sia sempre condizionata dalla necessità che il datore di lavoro dimostri l'impossibilità di collocare il dipendente che licenzia in un posto di lavoro diverso da quello soppresso, dal momento che tale onere di reimpiego, sebbene non costituisca un requisito espresso a livello normativo, risulta ormai consolidato nel nostro sistema giuslavoristico alla luce del principio generale secondo cui il recesso datoriale deve rappresentare sempre una scelta necessitata e trova la sua giustificazione sia nella tutela costituzionale del lavoro che nel carattere necessariamente effettivo e non pretestuoso della scelta datoriale.
Secondo i Giudici lombardi, peraltro, l'obbligo di verificare il repéchage del dipendente è unicamente in capo al datore di lavoro essendo lo stesso incompatibile con motivazioni strettamente collegate alla mera riduzione dei costi per il personale, dal momento che se così fosse il mantenimento in servizio del dipendente, seppure in altre mansioni, contrasterebbe con tale esigenza, per cui detto obbligo può ritenersi non violato solo quando l'ipotetica ricollocazione del lavoratore nella compagine aziendale non sia compatibile con il concreto assetto organizzativo stabilito dalla parte datoriale.